Il sistema giudiziario italiano è composto da una serie di tribunali e da un corpo di giudici che sono dipendenti pubblici. Giudici e pubblici ministeri appartengono allo stesso settore del pubblico impiego e le loro posizioni sono intercambiabili. Il sistema giudiziario è unificato e ogni tribunale fa parte di una rete nazionale. Il tribunale più alto della gerarchia centrale è la Corte Suprema di Cassazione, che ha giurisdizione d’appello e si pronuncia solo su questioni di diritto. La Costituzione del 1948 vieta i tribunali speciali, ad eccezione dei tribunali amministrativi e dei tribunali militari, anche se una vasta rete di tribunali fiscali è sopravvissuta da un periodo precedente. I tribunali amministrativi hanno due funzioni: la protezione degli interessi legittimi – cioè la protezione degli interessi individuali direttamente collegati all’interesse pubblico e protetti solo per questo motivo – e la supervisione e il controllo dei fondi pubblici.
I tribunali amministrativi sono forniti anche dalle sezioni giudiziarie del Consiglio di Stato, il più antico organo di consulenza legale e amministrativa del governo. La Corte dei Conti svolge funzioni sia amministrative che giudiziarie; queste ultime includono principalmente casi fiscali. Il Consiglio superiore della magistratura, che ha il compito costituzionale di garantire l’indipendenza e l’integrità della magistratura, è stato costituito solo nel 1958. Si occupa della carriera, della nomina e della disciplina dei giudici. I suoi membri sono eletti per due terzi dai giudici e per un terzo dal Parlamento. Ne fanno parte anche il presidente e il procuratore della Corte di Cassazione. Le elezioni tendono a politicizzare il Consiglio, che è diventato una forza influente nella politica italiana.
Il diritto italiano è codificato e si basa sul diritto romano, in particolare sul diritto civile. Il Codice del Regno di Sardegna in materia civile e penale, che deriva dal Codice napoleonico, è stato esteso a tutta l’Italia con l’unificazione a metà del XIX secolo. Tra la prima e la seconda guerra mondiale, questi codici sono stati rivisti. La Corte Costituzionale ha dichiarato incostituzionali alcuni articoli. Nel Codice penale rivisto del 1990, il vecchio sistema di indagine è stato sostituito da un sistema di azione penale simile a quello della common law. Oltre ai Codici, esistono numerose leggi statutarie che consolidano i Codici e regolano aree del diritto, come il diritto pubblico, per le quali non esistono Codici.
La Costituzione sottolinea il principio dell’indipendenza del potere giudiziario dai rami legislativo ed esecutivo. Per questo motivo, solo i magistrati ordinari possono esercitare funzioni giurisdizionali e non possono essere istituiti tribunali straordinari. I giudici non possono essere licenziati, non sono subordinati a superiori gerarchici e la loro carriera dipende dall’anzianità.
Il gruppo criminale organizzato noto collettivamente come Mafia (anche se riconosciuto a livello regionale come Camorra a Napoli, Ndrangheta in Calabria e Sacra Corona Unita in Puglia) ha una lunga storia in Italia, in particolare in Sicilia, e ha seguito la diaspora italiana in altri Paesi, in particolare negli Stati Uniti d’America. Quasi distrutta da Benito Mussolini nel periodo tra le due guerre e ripresa dopo la seconda guerra mondiale, la mafia è stata ripresa a metà del XX secolo con la crescita del traffico internazionale di droga, ma ha dovuto affrontare una maggiore resistenza da parte della giustizia italiana negli ultimi anni del secolo. Con l’intensificarsi dei procedimenti giudiziari contro le sue attività negli anni Settanta, Ottanta e nei primi anni Novanta, la mafia ha reagito assassinando magistrati e giudici che avevano preso di mira la criminalità organizzata.
La resistenza popolare alla mafia è cresciuta all’inizio del XXI secolo, quando gli imprenditori si sono sempre più rifiutati di pagare il pizzo, la tassa di “protezione” richiesta dalle organizzazioni criminali locali. Con una stima di 200 milioni di euro al giorno provenienti dalle imprese italiane, il pizzo era una fonte di reddito vitale per la mafia. Il movimento Addiopizzo (“Addio, Pizza”) si è radunato attorno a consumatori e aziende che rifiutavano la presenza della mafia nella loro vita quotidiana, e la più potente associazione imprenditoriale italiana ha minacciato di espellere tutti i suoi membri che pagavano la pizza.